Bes bisogni educativi speciali cosa sono
Prima della Direttiva Ministeriale del 2012, i piani educativi potevano essere personalizzati solo in presenza di alunni con disabilità accertate rientranti nella legge 104/1992. Ciò ha causato, sino all’introduzione della recente normativa, un grande gap educativo per tutti quei bambini che manifestano alcune esigenze specifiche di apprendimento determinate da diversi fattori.
Nel 2012, il Governo ha introdotto gli “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e Organizzazione Territoriale per l’Inclusione Scolastica” o anche normativa BES che contempla l’introduzione di nuove categorie di studenti con difficoltà diverse allo scopo di adottare tutte le misure possibili per limitare tali problematiche.
BES è l’acronimo di Bisogni Educativi Speciali (Special Educational Needs) i quali indicano un insieme di specifiche esigenze di apprendimento manifestate dai bambini. Tre sono le macrocategorie: disabilità; disturbo evolutivo specifico e svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
Ogni classe può presentare un numero indefinito di alunni che richiedono una speciale attenzione nella strutturazione della didattica e, quindi, deficit diversi.
Tra i Disturbi Evolutivi Specifici si annoverano, ad esempio, problemi di disortografia, dislessia, discalculia e disgrafia oltre all’iperattività e il deficit di attenzione. In tali casi, una volta ricevuta attestazione di diagnosi, la scuola è tenuta ad elaborare un PDP, Piano Didattico Personalizzato senza però ricorrere all’insegnante di sostegno.
Tra le disabilità, invece, ci sono quelle di tipo cognitivo e motorio che, necessitano, la predisposizione di un’insegnante di sostegno combinata all’elaborazione di un PEI, Piano Educativo Individualizzato.
Infine, sempre secondo la Direttiva Ministeriale del 2012, tra i BES sono riconosciute anche le condizioni socio-economiche, culturali o linguistiche che causano difficoltà di integrazione scolastica e di comprensione della cultura italiana. Anche in questo caso, è necessaria la predisposizione di un PDP che limiti e attenui le differenze con il resto dei compagni e favorisca una didattica inclusiva.
Differenze tra BES e DSA
Spesso, si può confondere erroneamente i BES con i DSA. Con il termine DSA ci riferiamo ai Disturbi Specifici di Apprendimento tra cui i più diffusi sono dislessia, disgrafia e disortografia. Non rappresentano una minore capacità cognitiva ma solo deficit che limitano le capacità di apprendimento. Tutti coloro che sono affetti da DSA rientrano nella categoria dei BES, mentre il contrario non sempre è verificato in quanto un ragazzo con BES non necessariamente soffre di DSA.
Inoltre, i DSA sono accertati in maniera diagnostica mentre i BES non necessitano di un accertamento medico in quanto possono presentarsi anche in assenza di problematiche cliniche o in un certo periodo di tempo.
Parliamo, quindi, di una difficoltà puramente pedagogica ed è qui che l’insegnante ricopre un ruolo chiave. Grazie alla normativa, può difatti individuare le esigenze del bambino e modellare il suo piano didattico sui particolari bisogni dell’alunno.
Infatti, anche per quanto riguarda la redazione del PDP, nel caso di Disturbi Specifici di Apprendimento, esso ha valenza pluriennale, mentre in presenza di alunni con BES, esso va revisionato e rivisto ad ogni anno scolastico.
Non meno importante, poi, sarà la capacità del docente di favorire una didattica inclusiva che ponga l’alunno con BES alla pari degli altri in modo da integrarlo perfettamente con gli obiettivi della classe. Il tutto, attenuando i suoi limiti e rafforzando e valorizzando le altre sue capacità.
Personalizzazione, inclusività e flessibilità
L’approccio della didattica laboratoriale consente all’insegnante di personalizzare completamente la lezione. Sarà, appunto, lei stessa a decidere come predisporre l’argomento, quali risorse fornire, quale risultato richiedere agli studenti.
Può, quindi, elaborare un piano didattico che risponda completamente alle esigenze della sua classe, tenendo anche conto delle singole personalità e dei bisogni educativi specifici. Senza tralasciare il fatto che la didattica laboratoriale può essere applicata a qualsiasi contesto disciplinare.
Da qui un’alta flessibilità della strategia, che consente di adattarsi facilmente a qualsiasi esigenza educativa, grazie anche alla possibilità di sfruttare lo spazio della classe nel modo che si ritiene più opportuno.
E’ possibile utilizzare sia spazi appositi, dotati di particolari infrastrutture, oppure organizzare la classe per favorire il tipo di lezione prescelto.
Strettamente connessa alla flessibilità è anche l’inclusività: nella didattica laboratoriale tutti i gruppi di alunni partecipano attivamente alla risoluzione del problema e all’elaborazione del prodotto finale. In egual modo, ogni alunno apporta il proprio singolo contributo e saranno gli studenti stessi a gestire le dinamiche e logiche collaborative.
Da qui un forte orientamento alla responsabilizzazione e autonomia, che rendono la didattica laboratoriale un approccio concreto ed esperienziale.
Strumenti compensativi e dispensativi per l’inclusività
I processi di apprendimento personalizzati aiutano concretamente i bambini ad affrontare le difficoltà manifestatesi.
Dopo una diagnosi adeguata e grazie alla collaborazione tra genitori e docenti è possibile strutturare un piano didattico adeguato supportando il bambino nella sua evoluzione e favorendo la sua integrazione all’interno della classe.
Inoltre, gli obiettivi prefissati dal piano consentono di tener conto di tutte le caratteristiche, potenzialità e limiti che il bambini si trova a riconoscere senza fargli pesare la sua condizione.
Sono, infatti, adottate le misure dispensative o compensative. Quelle dispensative esonerano il bambino da alcune attività ritenute inadeguate ai suoi deficit o scollegate dal raggiungimento degli obiettivi. Le misure compensative, invece, sopperiscono tutte le funzioni inadatte e deficitarie del bambino aiutandolo ad aggirare o superare le sue difficoltà.
I Piani Didattici Personalizzati sono uno strumento molto efficace che aiuta sia l’alunno che il docente. Quest’ultimo, infatti, ha a disposizione un piano ordinato e adeguato alle esigenze del bambino mentre l’alunno ha a disposizione supporto e aiuto nel comprendere e limitare le sue difficoltà sentendosi anche più integrato e al pari dei suoi compagni.
Martina come piattaforma per la didattica inclusiva
In classi sempre più miste dove possono essere presenti molteplici esigenze educative, avere con sé uno strumento versatile e adattabile ai deficit degli alunni è davvero indispensabile. I Bisogni Educativi Speciali sono strettamente connessi alla didattica e all’ambito scolastico, pertanto dotarsi di uno strumento del genere coadiuva le docenti nel combinare e integrare il proprio PDP.
La piattaforma Martina consiste in ambienti didattici i cui contenuti possono essere modellati sulle specifiche esigenze dei gruppi, quindi consente ai docenti di poter insegnare liberamente a qualsiasi bambino con BES.
Le attività, liberamente create con gli strumenti a disposizione, possono essere focalizzate su obiettivi specifici stilati nei PDP e strutturate in modo da tener conto delle difficoltà manifestate dall’alunno.
Inoltre, a ciò si affianca un’usabilità davvero semplicissima che consente ai bambini di approcciarsi alle funzionalità e ai comandi rapidamente.
L’ambiente digitale di Martina consente, quindi, di far lavorare collaborativamente tutti i bambini insieme a quelli con BES favorendo l’integrazione, l’inclusività e la parificazione, pilastri fondamentali per un corretto sviluppo degli alunni.